All’Università del Contadino gli agricoltori diventano green
A Milano l’Università del Contadino, progetto realizzato con la collaborazione di Legambiente, con l’obiettivo di formare gli agricoltori alla sostenibilità.
C’è voglia di terra e di orto, di natura e di nuova consapevolezza. Fioriscono nelle città di tutta Europa realizzazioni di orti moderni da coltivare nel proprio terrazzo, progetti di condivisione di spazi urbani per curare insieme pomodori e peperoni, lezioni di arte contadina nelle scuole e aiuole fiorite di calendula e rosmarino appena fuori dai negozi.
Le città sembrano animate da nuova clorofilla e mentre si acquista un desiderio di benessere assieme ad un cespo di lattuga biologica, sembra proprio che una nuova frontiera di resistenza cittadina sia già apparsa all’orizzonte e che con il suo fascino trasversale stia conquistando l’attenzione di tutti.
Nasce a Milano l’Università Del Contadino, progetto realizzato con la collaborazione di Legambiente, che nell’era dei web designers e dei financial advisers propone veri e propri percorsi formativi per giovani agricoltori. Tra i cinque corsi di laurea teorico-pratici anche quello di “riconoscimento delle erbe spontanee”, inno alla biodiversità e alla resilienza ma anche consistente approccio di riscoperta di antichi saperi.
Fino alla metà del 1800 infatti, era di uso comune considerare queste specie dimenticate una vera e propria risorsa alimentare. Le famiglie contadine conoscevano bene questa risorsa e nella stagione propizia mandavano i bambini alla ricerca di questo pasto quotidiano. Chi non ha ben chiara l’immagine di una persona anziana china su un campo a “far cicoria” o con un bel mazzo di asparagina selvatica tra le mani?
C’era un tempo in cui con le erbe si curava tutto, dal raffreddore al mal di testa, dalle intolleranze alle pene d’amore e tali preziosi saperi venivano tramandati di generazione in generazione con naturalezza implicita ma fondamentale.
Nella realtà odierna non è più necessario spingersi alla raccolta delle erbe per nutrirsi, ma il piacere nel procurarsi qualcosa di “naturale”, di scovarlo sul ciglio di un paesaggio incontaminato, soddisfa appieno quel desiderio di ritorno alle origini di cui l’uomo del presente ha sempre un più marcato desiderio.
Una passeggiata nei boschi a scovare funghi o a raccogliere erbe spontanee ci consente di riavvicinarci alla bellezza e alla ricchezza dell’ambiente e, con le dovute attenzioni, di preservarne la biodiversità, offrendoci l’opportunità di guardare con occhi diversi alla vegetazione che ci circonda e di viaggiare a ritroso nel tempo, immaginando chi prima di noi ha compiuto gli stessi gesti e provato la stessa soddisfazione per il suo pregiato raccolto.
Sono tante le piante ad uso alimentare entrate nella nostra dieta che meritano una attenzione speciale, nel Lazio in particolare i campi sono ancora ricchi di asparagina selvatica, di borragine, di finocchietto selvatico, cicorie e papaveri, ortiche e portulaca, crescione e tarassaco, amaranto e costa d’asino, che insieme a molte altre specie selvatiche si rivelano, oggi come allora, ottimi ingredienti per minestre, frittate, risotti, insalate crude e cotte utili per una sana e gustosa alimentazione.
Buone, belle e colorate, ricche di principi nutritivi, gratuite e altamente remunerative (il costo al dettaglio può oscillare tra i 10 e i 30 euro al kg) le erbe spontanee, così come i fiori eduli, sono ormai divenuti di moda, e non è la crisi il vero movente, piuttosto la voglia di tornare alla natura ed ai sapori autentici che spinge privati, negozi specializzati e ristoranti, ad una sempre più crescente ricerca e divulgazione.
E mentre nascono dall’intuito di agricoltori e associazioni corsi più o meno professionali di riconoscimento di queste preziose erbe, anche l’innovazione tecnologica contribuisce a soddisfare tale desiderio di informazione, mettendo sulle piattaforme web modernissime App in grado di riconoscere con il semplice gesto di scattare una foto ogni tipo di pianta, mettendo bene in guardia il novello raccoglitore dalle specie “sosia”, erbe del tutto simili alle spontanee commestibili, ma per loro natura tossiche e pericolose.
Non c’è nulla da stupirsi quindi se durante una passeggiata nel parco sotto casa si incrocia lo sguardo di una signora intenta a fotografare, annusare e poi raccogliere un fiorellino di tarassaco da aggiungere all’insalata, o se in una serata mondana per le vie del centro ci viene servito un cocktail impreziosito dai teneri fiori blu della borragine. Via libera dunque alla ricerca sapiente di erbette e fiori buoni, non solo per stupire i nostri ospiti, ma per curare, nutrire, coccolare corpo e anima con i preziosi doni che la natura ci regala.
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