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Economia Circolare
Si chiama Upcycling ed è il modo di reinventare oggetti partendo da quelli dismessi

Si chiama Upcycling ed è il modo di reinventare oggetti partendo da quelli dismessi

E’ di questi giorni la notizia di un “mistero svelato” dietro al ritrovamento di numerose bombolette spray per le vie di Roma. Finemente decorate con minuscole opere d’arte e disseminate da un ignoto artista dissoltosi nel nulla, hanno destato curiosità e sono state oggetto di una vera e propria caccia al tesoro tra i residenti. Il caso mediatico ha portato infine a scoprire l’identità del minuzioso quanto sfuggente artista: un writer poco più che ventenne, di nome Bros, che alla sua passione della pittura artistica sui muri ha deciso di aggiungere una sfumatura ecologista. Intervistato da una radio universitaria ha dichiarato “Quelle bombolette sono mie e sono tutte esauste. Ne ho un garage pieno e smaltirle dal punto di vista ambientale sarebbe complicatissimo. Così ho deciso di mettermi a disegnare proprio sulle bombolette, per incentivare tutti al riciclo creativo. E’ un regalo per i cittadini romani che amano l’arte, sperando che al tempo stesso possa sensibilizzare qualcuno verso il riciclo.”

Upcycling. Così viene chiamata nel mondo la capacità di reinventare nuovi oggetti partendo da uno dismesso.  Il riciclo creativo, l’esigenza, il desiderio e il piacere di materializzare dal nulla nuove idee, magari aumentandone il valore, inizia ad entrare a far parte del nostro vivere quotidiano e del consenso collettivo.

Nei mercatini come nei negozi alla moda, nelle case, nelle scuole, nelle aziende, online ed anche nei musei, fanno il loro ingresso progetti e realizzazioni di ogni tipo e fattura, amatoriale o altamente professionale, tutto rigorosamente realizzato riportando alla luce oggetti dimenticati, scarti pre e post utilizzo che sembravano destinati ad allungare la vita dei rifiuti.

Complementi d’arredo ricreati con infiniti materiali, come ad esempio il pallet o i copertoni d’automobile inutilizzati, ideali punti di partenza per reinventare sedie da giardino, portavasi o giochi per bambini; bottoni, tappi, ditali da cucito, sezioni di matite colorate o piccole parti di computer usati come tavolozza di colori per formidabili creazioni di oreficeria; vecchi vinili che diventano orologi, lampade, borse, vassoi, sgabelli e addirittura porta rotoli di scottex.

Tutto è possibile con un po’ di fantasia e una giusta dose di innata manualità.

Sarà l’estrema reperibilità dei materiali racchiusa già nel concetto stesso di recupero, sarà la necessità o il buon senso nel voler risparmiare alle proprie tasche inutili sprechi, sarà magari la voglia e l’ingegno necessari per inventarsi un mestiere, sarà, speriamo, un crescente senso civico e ambientale che spinge in una direzione dove a guadagnarci ci sono proprio tutti, cittadini e Città.

Visitando mercatini e negozi dedicati, non si può non notare che ci sia come “un che di magico” nella neonata vena artistica degli eco­designer di tutto il mondo, che al pari di moderni Re Mida ambientalisti, studiano continuamente il modo di trasformare vecchie cose in nuove fonti di ispirazione, reinventando la propria creatività in chiave green, riutilizzando spesso oggetti difficilmente smaltibili e diffondendo nella società nuove sensibilità ecologiste attraverso l’arte.

Il loro lavoro sembra del tutto motivato al portare alla luce un nuovo concetto di ispirazione, come in un perfetto sposalizio tra arte e ambiente, dove la prima viene in soccorso del secondo.

Ma l’impegno creativo del riuso ha anche grandi valenze ambientali. Pensiamo, ad esempio, al fenomeno del Pacific trash Vortex, comunemente chiamato “La grande Isola di immondizia”, una enorme chiazza di spazzatura composta soprattutto da plastica che si sposta nell’Oceano Pacifico da oltre cinquant’anni (la sua estensione è stimata con un’area simile a quella della Penisola Iberica)

ci si domanda se mai l’umanità avrebbe potuto risparmiarsi tale scempio ambientale, educando le generazioni passate ad un progressivo risparmio di materiali non biodegradabili, magari inserendoli come base solida nella filiera sempre in movimento dell’utilizzo.

A noi l’arduo compito di sensibilizzare le generazioni future, con l’esempio pratico limitando gli sprechi e, per chi ha un po’ di manualità, prendendo spunto dall’ingegno dei numerosi eco­artigiani del riciclo creativo, una risorsa coerente per una civiltà sempre più sostenibile.

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